L'incontro tra Alexis Tsipras e Antonio Costa

di Faber Fabbris

Pubblicato il 2016-04-12

I due premier hanno siglato una dichiarazione comune su vari temi di politica internazionale, ma in particolare sula necessità di ricostruire l’Unione Europea su basi politiche nuove, ripensandole in una prospettiva progressista, abbandonando politiche di austerità dimostratesi fallimentari, rimettendo al centro i temi della giustizia sociale e della solidarietà

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È stato un lunedì denso di avvenimenti per la Grecia. Per cominciare, si è svolta oggi ad Atene una importante visita di Stato del Primo Ministro portoghese, Antonio Costa. Questo tipo di viaggi, come si sa, fa parte del protocollo e della routine delle cancellerie, ma quello di oggi è stato un incontro di alto valore simbolico e politico per Alexis Tsipras, per più ragioni.

L’incontro tra Alexis Tsipras e Antonio Costa

Innanzitutto, Costa guida l’unico governo veramente “amico” della Grecia, sostenuto dal Partito Socialista, dal Partito Comunista e dal Blocco di Sinistra, e che si è impegnato da subito in una seria politica economica di sostegno alla domanda, in netta rottura con la vulgata neoliberale che il Portogallo ha dovuto applicare per anni sotto dettatura della troika. Tanto per citare le misure più significative, il governo Costa ha reintrodotto le 35 ore (per ora nella funzione pubblica); ha aumentato il salario minimo; ha ripristinato alcuni giorni festivi soppressi dalla destra; ha diminuito l’IVA sulla ristorazione, ed è addirittura riuscito a ritornare sulla privatizzazione della TAP (la compagnia di bandiera portoghese), il cui decreto attuativo era stato firmato in extremis dal precedente governo liberale poco prima di cedere la mano. Per Tsipras l’esempio del Portogallo è importante perché permette di mostrare che, fuori dal programma di ‘assistenza’ dei creditori, è possibile una alternativa politica chiara in favore del lavoro, invece che in difesa del capitale. Del resto, il Portogallo è anche riuscito a far accettare, il 5 febbraio scorso, il preventivo di bilancio alla Commissione europea, che ha preferito probabilmente evitare l’apertura di un altro fronte, oltre a quello greco. Forse anche perché sprovvista di leve ricattatorie sul governo di Lisbona (quelle di cui si sono servite l’FMI e la BCE, per esempio, emerse recentemente tramite le rivelazioni di Wikileaks). In secondo luogo, l’alleanza con Costa lascia Tsipras meno solo, con almeno un ministro dalla stessa parte della barricata all’Eurogruppo (Mario Centeno): questo è un cambiamento non da poco, quando si ricordino le arbitrarie iniziative di un Dijisselbolem contro Varoufakis (escluso da una seduta dell’organismo). Bisogna infine considerare che il Partito Socialista portoghese ha esercitato una forte pressione per orientare il PSOE spagnolo verso un’alleanza con Podemos e Sinistra Unita (purtroppo per ora fallita, ma che sarà probabilmente una delle opzioni possibili dopo le prossime inevitabili elezioni iberiche). Se la Spagna dovesse incamminarsi in una prospettiva simile a quella del suo vicino occidentale, i rapporti di forza cambierebbero sensibilmente in Europa, e vantaggiosamente per la sinistra. Antonio Costa ha incontrato in mattinata il Presidente della Repubblica Procopio Pavlopoulos, che ha evocato la grave situazione dei profughi e l’ignobile comportamento delle forze armate di Skopije, che hanno lanciato lacrimogeni contro il campo profughi a Eidomeni. Il primo ministro portoghese ha manifestato la sua solidarietà alla Grecia, che si è già manifestata concretamente con la disponibilità di Lisbona ad accogliere diecimila profughi sul suo territorio nazionale.

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Alexis Tsipras accoglie Antonio Costa a Palazzo Maximou

Grecia e Portogallo, destini comuni

Più tardi, Alexis Tsipras ha accolto il suo omologo nel Palazzo Maximou, in un clima particolarmente caloroso. I due premier hanno siglato una dichiarazione comune su vari temi di politica internazionale, ma in particolare sula necessità di ricostruire l’Unione Europea su basi politiche nuove, ripensandole in una prospettiva progressista, abbandonando politiche di austerità dimostratesi fallimentari, rimettendo al centro i temi della giustizia sociale e della solidarietà. “Crediamo che costruire muri e intrecciare filo spinato, prendere misure unilaterali e senza alcuna coordinazione, rifiutare di partecipare all’accoglimento dei profughi, mina alle fondamenta la solidarietà europea, ed impedisce di affrontare le migrazioni secondo principi di umanità ed efficacia. L’Europa deve restare aperta ed accogliere le persone bisognose di proteziona internazionale”, si legge nel comunicato.
I due uomini politici hanno poi espresso la comune convinzione che la “crisi attuale dell’area Euro affonda le radici nel processo asimmetrico di integrazione europea, nelle incoerenze dell’architettura economica e monetaria dell’eurozona, e nell’assenza di strumenti adeguati per affrontare situazioni di crisi” denunciando “politiche marcoeconomiche sbilanciate”, fondate su un approccio “unicamente legato all’austerità, sbagliato ed incapace di superare le sfide che abbiamo davanti”. Dopo sei anni di “programmi di aggiustamento”, Grecia e Portogallo hanno tutti gli elementi per confermare che “l’austerità come sola prospettiva è un fallimento, ed ha costi sociali ed economici molto più gravi” di quanto hanno previsto i suoi sostenitori. Politiche che devono essere cambiate, scrivono Costa e Tsipras, perché hanno deteriorato “la rete di sicuezza sociale che permette una crescita equa; hanno creato disoccupazione, in particolare per le donne e per i giovani, aumentato la povertà, senza neppure ridurre il livello di debito”. Bisogna piuttosto che prevalgano politiche di integrazione fiscale e sociale, per evitare “nazionalismi, xenofobia, estremismi e populismi”. Il rispetto delle regole comuni non può essere fatto a spese del diritto dei popoli di scegliere, sottolineano i due premier, proponendo di lottare contro i meccanismi speculativi e i trasferimenti di depositi nell’Eurozona, con un sistema europeo di garanzia dei depositi. “L’Europa deve cambiare strada. Invece di continuare con meri aggiustamenti verso competitività al ribasso e misure di austerità, i nostri due paesi vogliono collaborare per un progetto progressista di governo democratico dell’Eurozona, di rilancio dell’economia, di politiche di piena e buona occupazione, di crescita ambientalmente responsabile e socialmente giusta”. Nelle stesse ore della visita di Costa ad Atene, Christine Lagarde ammetteva sull’economia greca: “abbiamo commesso un errore sul moltiplicatore fiscale. Abbiamo sottovalutato -tutti noi, il FMI, gli Europei, la BCE- gli effetti recessivi di alcune misure che abbiamo richiesto di applicare”. Constatiamo che ci vogliono circa due anni perché dichiarazioni dell’economista capo dell’FMI (all’epoca pubblicate come ‘punti di vista personali’) vengano riprese dal suo direttore. La Lagarde ha poi cercato di diluire le proprie responsabilità, accusando i greci di “mettere nello stesso sacco l’FMI e gli altri membri della troika”, che pure hanno approvato quelle misure.

La risposta di Tsipras al FMI

Tsipras, durante la conferenza stampa che ha seguito il vertice luso-ellenico, ha preso la palla al balzo per rispondere -senza citarla- alla Lagarde. “È paradossale che chi abbia riconosciuto di aver commesso un errore, continui a chiedere di ripetere proprio lo stesso errore. Cerchiamo di essere seri: non stiamo trattando di numeri, ma di uomini; è venuto il momento di capire che il problema non è il rispetto delle regole, ma che queste regole sono sbagliate e inefficaci. Dobbiamo correggerle”. Dopo la conferenza stampa congiunta, Tsipras e Costa hanno visitato un campo di accoglienza per rifugiati (presso Skaramangàs): il Portogallo è stato fra i pochissimi paesi a offrire esplicitamente aiuto alla Grecia per accogliere rifugiati sul suo territorio. Nel frattempo sono continuate le febbrili trattative tra Euclide Tsakalotos (finanze) Giorgio Katrougalos (previdenza) Giorgio Stathakis (Economia) e i simpatici rappresentanti del ‘quartetto’, Velculescu in primis (quella della telefonata sulla bancarotta). Se Tsakalotos aveva ipotizzato una conclusione entro domenica, la riunione si è prolungata fino alle 6:30 di lunedì mattina, con un intervento -pare imprevisto- del governatore della Banca di Grecia alle 3:00. Le trattative sono state sospese in vista di una ripresa alle 15:00 di lunedì, in seguito slittata -su richiesta dei creditori- alle 18:00 e cominciata in realtà verso le 19:00. Altrettanti segni di un certo nervosismo, ma anche degli ultimi cascami (diremmo quasi patetici) della tattica dilatoria Thomsen-Velculescu. Al momento in cui sono scritte queste righe l’incontro non è ancora concluso. Secondo quanto filtra da fonti governative greche, il pomo della discordia è il destino dei crediti in sofferenza, che i creditori (fra i quali la BCE) vorrebbero venissero rivenduti senza troppe precauzioni a fondi speculativi – che non andrebbero tanto per il sottile sulle vendite all’incanto delle prime case e dei mutui. Tsakalotos promette di tenere duro. Le prossime ore diranno quanto terreno riuscirà a strappare.

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