Aborto, storia di un medico non obiettore

di Giulia Corsini

Pubblicato il 2015-07-29

Una chiacchierata con un medico chirurgo che spiega la sua scelta in difesa della legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza

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Qualche giorno fa ho avuto il piacere di parlare con una donna riguardo gli esaltati oltreoceano che si impongono con azioni di violenza nel nome di quello che secondo loro è un bene superiore. In particolare i pro-life, ossimori bipedi, che per quello che secondo loro è “diritto alla vita”, tolgono la vita ai medici che praticano l’aborto. Negli USA tra il 1993 e il 2009 gli estremisti antiabortisti hanno assassinato otto persone, altre 17 volte ci hanno provato. Ci sono stati vari omicidi anche in Canada e in Australia.
In Italia la situazione non è così pericolosa, eppure la percentuale dei medici obiettori è veramente molto alta, tanto che in certi ospedali raggiunge il 100%. Perché?

obiettori di coscienza italia
Obiettori di coscienza per l’aborto in Italia (Internazionale)

Lei, che è stata medico non obiettore, mi ha spiegato che la sua scelta votata alla difesa della legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza le è costata.
“Pensi che ritenere un embrione di tre settimane una persona sia una battaglia puramente ideologica, tuttavia basterebbe lavorare come medico non obiettore per capire. Ho lavorato trent’anni in ospedale. Ne ho visti tanti di medici passare da non obiettori a obiettori. Quando una persona si trova davanti a turni diversi rispetto a quelli degli altri, ad giudizio assolutamente duro da parte di quasi tutto l’ambiente, si trova a riconsiderare le proprie scelte”.
I ginecologi sono chirurghi. Al chirurgo piace la sala operatoria, è un ambiente nel quale sente di esprimere le proprie capacità tecniche e mettersi alla prova. Il problema è che il medico che pratica l’aborto è stato considerato come qualcosa di assolutamente contrario rispetto alla missione, che è quella di fare nascere bambini. Per questo il ginecologo non obiettore non merita considerazione quanto gli altri medici obiettori, viene praticamente escluso dalla sala operatoria, gli vengono assegnati interventi in cui non occorre essere bravi e la possibilità di far carriera diventa molto difficile. Poi ci sono le urgenze, essendo comunque tu l’unico medico non obiettore, non vai praticamente mai in ferie. Ogni giorno, dunque, ti trovi di fronte ad una scelta: continuare a sopportare o diventare medico obiettore.
Questa è la sua esperienza, ma confrontandosi con altri colleghi mi ha riferito che è una situazione si ripete in moltissime realtà, questo giustificherebbe in parte anche i numeri impressionanti dei medici obiettori italiani. Perché continuo a ripetere “medico non obiettore” piuttosto che “abortista”? Perché definire i medici non obiettori come medici abortisti è dispregiativo. Non fatelo.
L’aborto ha sempre e comunque un connotato negativo, nessuna donna l’ha mai fatto a cuor leggero. Di quelle che lei ha operato, pochissime hanno abortito senza sofferenza psicologica. Lei ha sempre sperato che una donna potesse trovare soluzioni diverse. Se non ci sono soluzioni, tuttavia, sostiene che bisogna essere disponibili, per quello che è il diritto alla salute e l’autodeterminazione della donna e per evitare che una ragazza, un’immigrata, una donna non sposata, non avendo alternative, non avendo possibilità economiche, debba vivere il dramma dell’aborto clandestino, ricorrendo a soluzioni pericolose per la propria salute, come l’aborto in ambulatori fuori legge o nel bagno di casa utilizzando farmaci di contrabbando o affidandosi a persone senza scrupoli.

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