Aborto: quando il «femminismo tardivo» è peggio dei prolife

di Chiara Lalli

Pubblicato il 2014-12-22

L’aborto come cicatrice indelebile, come ferita non rimarginabile. Quando lo stgima arriva dal femminismo «tardivo» e dal «buon senso»

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Qualche giorno fa sul sito «SNOQ Libere!» Roberta Trucco scrive Aborto: una cicatrice da curare. E già il titolo. Ma poi peggiora. La prima cosa che non va bene a Trucco è l’androginia della giovane donna in copertina di «Internazionale» («molto poco femminile, androgina oserei dire»): siamo femministe solo con i modelli che piacciono a noi, siamo femministe ma ti diciamo cosa dire, come vestirti e cosa pensare. I had an abortion è una campagna contro lo stigma (come The 1 in 3 Campaign), anche quello alimentato dalla convinzione che vi siano cicatrici da curare (intrinsecamente e per tutte). Cosa ci sarebbe di eccessivo nel dire «ho abortito»? Trucco scrive che le pare esagerato, con quello «stile rivendicativo» (allora necessario e ora no, anche se titoliamo così e se stiamo scrivendo che essere donna e abortire è un corto circuito necessario), con quella tracotanza che trasformerebbe la libertà in «onnipotenza».
Internazionale copertina aborto
 
NOI DONNE
Ci teniamo la mano e sappiamo com’è la vita («la vita come valore solo nella collaborazione e nella cura unica vera forma di sicurezza per il perpetuarsi della specie»; sic). Gli uomini non possono saperlo davvero e forse nemmeno le donne sterili e quelle che non vogliono figli. «Una cura che può e deve essere condivisa anche con gli uomini». Qui cominciamo le questioni serie. Deve? Stiamo parlando di aborto e di 194, quel deve stride. Fa paura. Puzza di paternalismo e di moralismo e di chissà cos’altro. Ma forse Trucco non ha ben compreso la 194. «Dunque giusta la legge 194, ma perché non lascia sole le donne nella scelta. Una scelta responsabile che riguarda non solo le donne ma la società intera e dunque anche gli uomini». Quella legge non è certo perfetta, ma una delle cose buone che ha fatto è stata proprio attribuire alla donna – pur con qualche incertezza (era il 1978, l’aborto era un reato penale) – la decisione di portare avanti la gravidanza oppure di interromperla. E come potrebbe essere altrimenti? Sarà la donna (la singola donna incinta, non il consesso delle donne né tantomeno quello delle femministe tardive) a decidere chi coinvolgere. Figuriamoci che vale anche per le minorenni – qui la legge 194 è stata davvero avveniristica: se una minorenne non vuole coinvolgere i genitori può rivolgersi al giudice tutelare.
Aborto una cicatrice da curare
 
LA CICATRICE
E poi eccoci alla solita cantilena: «Le donne e gli uomini devono sapere: l’aborto è una esperienza che lascia una cicatrice profonda nel corpo e nello spirito della donna, che spesso anni dopo va curata». Luoghi comuni spacciati per verità, banali accozzaglie di pensieri non ragionati presentati come leggi universali. Ma non siamo ancora arrivati al baratro: «Noi esser[i] umani, maschi e femmine, siamo tali perché mancanti. La libertà la esercitiamo nel rispetto di questa fragilità. C’è sempre un terzo (non per forza il figlio/a ma anche terzo inteso come famiglia allargata, comunità, nazione a cui rendere conto delle nostre decisioni) che va considerato nella relazione!». Cioè, se tu donna vuoi riprodurti, abortire o avere 9 figli devi fare un referendum. Non è che puoi decidere così, da sola e nell’egoismo della tua onnipotenza! Qual è lo scopo? Costruire «nuovi equilibri tra i generi che non siano governati solo da leggi ma dall’amore e dal buon senso». Dall’amore e dal buon senso. E non saprei decidere quale dei due sia un fondamento più fragile e inaffidabile. Forse il «buon senso».
 
LA LETTERA DI ROSSANA E LA PULSIONE DI MORTE
E la conclusione è ispirata a una delle più diffuse fallacie in circolazione: «se mi avessi abortito non esisterei» (già, nemmeno per lamentartene). «Riflettiamo e mettiamo al centro le parole della lettera di Rossana di cui queste un estratto “..lo so, a mia madre è stata tolta la possibilità di scegliere….dal suo diritto negato è nata la mia occasione: occasione di respirare la vostra aria, di calpestare la vostra terra, di conoscere di odiare, di amare…”. Un appello agli uomini (in particolare a loro!) e alle donne perché si incontrino e si aiutino per salvaguardare il diritto al futuro dei figli di questo pianeta. Una lezione che può impattare sulle scelte politiche che riguardano qualsiasi ambito e non solo quella della vita privata». Il diritto dei figli (inesistenti) e gli appelli al buon senso sono gli ingredienti di una ricetta indigesta, addirittura velenosa. A chi le ha contestato qualcosa, Trucco ha risposto (così su la 27esima Ora che ha ripubblicato Trucco il 12 dicembre, ma il testo compare anche come risposta ad Annamaria Riviello). Se non fosse stato chiaro finora, non ci sono più dubbi: «Rossana si ribella all’idea che l’aborto (scelto, non spontaneo) venga definito un evento comune nella vita delle donne e ha ragione perché reagisce alla pulsione di morte che c’è in questa frase».
Aborto la risposta alle critiche
PS
Applausi per te Conte Vlad, chiunque tu sia.
Aborto Conte Vlad

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