La grande truffa dell'8 per mille della Chiesa

di Chiara Lalli

Pubblicato il 2014-12-08

La Corte dei Conti evidenzia le stranezze dell’8 per mille e descrive come vadano a vantaggio delle confessioni e, in particolare, dei soliti noti. Con un sistema di sprechi e inefficienze che nessuno si sogna di attaccare. Chissà perché

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Una deliberazione della Corte dei Conti, depositata il 19 novembre 2014, mette in luce i meccanismi bizzarri dell’8 per mille e gli sprechi. Nella Sintesi si legge che «grazie al meccanismo di attribuzione delle risorse dell’8 per mille, i beneficiari ricevono più dalla quota non espressa che da quella optata, godendo di un notevole fattore moltiplicativo, essendo irrilevante la volontà di chi rifiuta il sistema o se ne disinteressa; infatti, l’ammontare è distribuito ripartendo anche le quote di chi non si è espresso, in base alla sola percentuale degli optanti». Su questo non ci sarebbe un’informazione adeguata, nonostante chi non sceglie sia la maggioranza e «si possa ragionevolmente essere indotti a ritenere che solo con un’opzione esplicita i fondi vengano assegnati».
8 per mille Corte dei Conti sommario
I FONDI DESTINATI ALLE CONFESSIONI
Sono ingenti e non hanno riscontro in altri paesi europei. Hanno superato ampiamente, si legge poco oltre, il miliardo di euro per anno. Costituiscono una eccezione in un panorama di fortissima riduzione della spesa pubblica: non solo non hanno subito ridimensionamenti, ma «si sono notevolmente e costantemente incrementati». Già nel 1996, la Parte governativa della Commissione paritetica Italia-Cei incaricata delle verifiche triennali rilevava alcune anomalie, tra cui l’assenza di trasparenza nelle erogazioni. Nel sito della Presidenza del Consiglio, poi, «non vengono riportate le attribuzioni annuali alle confessioni, né la destinazione che queste, nella loro discrezionalità, danno alle somme ricevute. Al contrario, la rilevanza degli importi ed il diretto coinvolgimento dei cittadini imporrebbero un’ampia pubblicità e la messa a disposizione dell’archivio completo delle contribuzioni versate negli anni, al fine di favorire forme diffuse di controllo». Non ci sono verifiche, non ci sono controlli, non c’è monitoraggio sulle attività degli intermediari. Non ci sono cioè le condizioni minime necessarie per la gestione corretta e trasparente dei soldi. Ma c’è anche un altro risvolto da considerare: «in violazione dei principi di buon andamento, efficienze ed efficacia della Pubblica amministrazione, lo Stato mostra disinteresse per la quota di propria competenza, cosa che ha determinato, nel corso del tempo, la drastica riduzione dei contribuenti a suo favore, dando l’impressione che l’istituto sia finalizzato – più che a perseguire lo scopo dichiarato – a fare da apparente contrappeso al sistema di finanziamento diretto delle confessioni. Risulta, pertanto, del tutto frustrato l’intento di fornire una valida alternativa ai cittadini che, non volendo finanziare una confessione, aspirino, comunque, a destinare una parte della propria imposta a finalità sociali ed umanitarie». Oltre 20 anni di mancata promozione delle iniziative e di nebbiosa gestione dei fondi non possono non avere effetti. L’indicazione è chiara e drastica: «al fine di garantire la piena esecuzione della volontà di tutti, la decurtazione della quota dell’8 per mille di competenza statale va eliminata; è infatti contrario ai principi di lealtà e di buona fede che il patto con i contribuenti venga violato. Peraltro, sono penalizzati solo coloro che scelgono lo Stato e non gli optanti per le confessioni, le cui determinazioni, al contrario, non sono toccate, cosa incompatibile con il principio di uguaglianza».
 
OGGETTO DELL’INDAGINE
Dopo aver letto la sintesi, il quadro è già abbastanza chiaro. La relazione intende analizzare le modalità di gestione dell’8 per mille, la pertinenza della distribuzione dei fondi e le eventuali debolezze (per quanto riguarda la normativa, si veda il paragrafo 2., pagina 9). Colpisce che, a fronte di fondi che superano il miliardo e 200 milioni di euro annui, nessun organismo indipendente di valutazione avesse compiuto una valutazione dell’istituto, nonostante fossero già emerse alcune criticità. Per capire l’entità dei fondi, la relazione suggerisce un paragone: le assegnazioni al Ministero dei beni culturali e del turismo nel 2013 non hanno raggiunto il miliardo e 700 milioni di euro. «L’8 per mille sottrae al Parlamento la gestione di una parte non irrilevante dell’Irpef, affidandone la destinazione ai contribuenti. Ciò grava sulle finanze statali sotto forma di minori introiti di imposta ed è in costante aumento, anche per la maggiore pressione fiscale degli ultimi anni». Altri due punti importanti. Primo: il finanziamento pubblico non è elargito solo per esigenze religiose ma per finalità sociali, culturali e umanitarie – non esclusive delle confessioni. Secondo: l’8 per mille è solo uno dei «numerosi sovvenzionamenti pubblici alle confessioni; ed esso, si aggiungono, infatti, fra gli altri, in quanto previsti dalla legge: i contributi alle scuole di orientamento confessionale ed agli oratori; la retribuzione degli insegnanti di religione nelle scuole pubbliche e degli assistenti religiosi in strutture obbliganti; i contributi alla manutenzione degli edifici di culto di proprietà degli enti ecclesiastici; i contributi comunali per l’edilizia di culto, attraverso gli oneri di urbanizzazione secondaria; il 5 per mille dell’Irpef per gli organismi di tendenza; i contributi pubblici per manifestazioni ed eventi religiosi». A questi vanno aggiunti i «ragguardevoli» finanziamenti indiretti: agevolazioni o esenzioni fiscali. L’8 per mille si deve sommare alle erogazioni di diritto pattizio e di diritto comune (che raggiungono cifre consistenti). «In definitiva, i fondi destinati alle confessioni risultano ingenti e sono i soli che – nell’attuale contingenza di forte riduzione della spesa pubblica in ogni campo e nel contesto di una situazione di crisi economica ove le disponibilità pubbliche risultano ogni giorno più esigue e le possibilità di intervento sempre più scarse – si sono, anche negli ultimi anni, notevolmente e costantemente incrementati, rappresentando una posizione di favore unica nell’attuale contesto europeo».
 
LE DESTINAZIONI DELL’8 PER MILLE
I possibili destinatari dei fondi dell’8 per mille ammessi dalla legge sono: lo stato italiano, la Chiesa cattolica, l’Unione italiana delle chiese cristiane avventiste del 7° giorno, le Assemblee di Dio in Italia, la Chiesa evangelica valdese Unione delle chiese metodiste e valdesi, la Chiesa evangelica luterana in Italia, l’Unione delle comunità ebraiche italiane, la Sacra arcidiocesi ortodossa d’Italia ed Esarcato per l’Europa meridionale, la Chiesa apostolica in Italia, l’Unione cristiana evangelica battista d’Italia, l’Unione buddhista italiana e l’Unione induista italiana. Le destinazioni vanno dalle calamità naturali all’assistenza ai rifugiati; dall’edilizia scolastica al sostentamento al clero.
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LE SCELTE NON ESPRESSE
La relazione sottolinea la problematicità di una scelta non manifesta. Mentre infatti l’ammontare è proporzionale all’importo che lo Stato incassa come Irpef, la ripartizione è determinata dalla volontà dei contribuenti, che possono esprimerla in sede di dichiarazione dei redditi. «La mancata formulazione di un’opzione non viene presa in considerazione: infatti, l’intero ammontare viene ripartito sulle sole scelte espresse. Ciò suscita perplessità, in quanto “il non aver manifestato la propria scelta comporta, a prescindere dalle motivazioni, rifiuto del nuovo sistema o volontà di non parteciparvi. Sotto il profilo oggettivo, le somme computabili in base alle scelte non espresse dovrebbero essere considerate denaro pubblico a tutti gli effetti, e, conseguentemente, riassorbite nel bilancio dello Stato o, al più, con qualche perplessità, computate tra quelle destinate a scopi sociali a diretta gestione statale”». Anche le scelte irregolari finiscono nel calderone delle scelte non espresse. Questo, evidentemente, giova arbitrariamente a favore dei destinatari scelti (seppure in modo irregolare). Anche le dichiarazioni dei defunti nell’anno rientravano nel computo delle scelte non espresse. Sulle modalità delle scelte non espresse non sembra esserci molta informazione. È legittimo pensare che i fondi siano assegnati solo in caso di scelta esplicita ma, come abbiamo visto, non è così. Solo dal 2006 viene spiegato, nella scheda dell’8 per mille, questo meccanismo di distribuzione delle quote «seppure in caratteri minuscoli». Quanti sono i contribuenti che hanno optato? Chi ne trae vantaggio? Il meccanismo, lo ripetiamo, «produce un effetto moltiplicatore che ha portato quasi a triplicare le risorse a disposizione delle confessioni».
 
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L’AUMENTO DEI FONDI
È evidente che l’accesso all’8 per mille costituisca uno dei motivi «di maggiore interesse per una confessione religiosa per stipulare un’intesa con lo Stato». Quelle incluse interessano un numero esiguo di fedeli contribuenti. La geografia religiosa italiana è molto cambiata in questi anni e gli esclusi sono moltissimi. La Chiesa cattolica è passata dai 200 milioni di euro del 1990 a superare il miliardo di euro.
 
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Per ottenere il favore dei contribuenti, alcune confessioni hanno fatto ricorso alle compagne pubblicitarie. C’è un costo anche per queste, cui vanno aggiunte le spese per tutti gli altri mezzi di informazione. «A fronte delle notevoli risorse spese dalla Chiesa cattolica, le altre confessioni utilizzano, a tal fine, cifre assai più modeste».
 
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L’UTILIZZO DELLE RISORSE
Le destinazioni delle somme per l’anno 2012 sono illustrate dalla tabella 7. «Ancora oggi, tuttavia, la Parte governativa lamenta incoerenze nell’utilizzo dei fondi: “nella voce ‘esigenze di culto della popolazione’ non possono essere ricomprese voci quali: curia diocesana, tribunali ecclesiastici, istituto di scienze religiose, clero anziano e malato, istituti di vita consacrata, ecc. (…) pertanto, (…) la griglia delle voci di spesa deve “essere opportunamente corretta (…); la correzione delle voci renderebbe disponibili ulteriori somme per gli interventi caritativi”».
 
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LA CARENZA DEI CONTROLLI SULLA GESTIONE
Come anticipato nella Sintesi, l’assenza o la scarsità di controlli riguarda vari aspetti. La correttezza delle attribuzioni degli optanti, la correttezza dell’agire degli intermediari e la rendicontazione. Forse speculare è la mancata pubblicità della quota di competenza statale destinata a sostengo di interventi straordinari per la fame nel mondo, per eventi calamitosi, assistenza ai rifugiati, alla conservazione dei beni culturali e all’edilizia scolastica. «Lo Stato ha mostrato un completo disinteresse per la quota di propria competenza, cosa che ha determinato, nel corso del tempo, la drastica riduzione dei contribuenti a suo favore, dando l’impressione che l’istituto sia finalizzato – più che a perseguire lo scopo dichiarato – a fare da apparente contrappeso al finanziamento diretto delle confessioni. Risulta, pertanto, del tutto frustrato l’intento di fornire una valida alternativa ai contribuenti che, non volendo finanziare una confessione, aspirino, comunque, a destinare una parte dell’imposta a finalità sociali ed umanitarie». Al calo del favore verso la scelta dell’8 per mille ha contribuito la distrazione della maggior parte delle risorse. A partire dalla finanziaria del 2004, la quota è stata ridotta significativamente e destinata a finalità antitetiche rispetto a quelle scelte dai contribuenti.
 


CONCLUSIONI
L’obbligatorietà del contributo, l’ambiguità delle (non) scelte, la scarsa informazione, l’incremento delle spese a favore delle confessioni in uno scenario di riduzione generalizzata delle spese sociali rendono «opportuna una rinegoziazione del sostegno finanziario delle confessioni» – suggerimento già presente nella relazione della Commissione paritetica Italia-Cei del 9 febbraio 1996. La normativa italiana è quella più favorevole per le confessioni, non c’è un controllo adeguato sulle erogazioni da parte delle amministrazioni statali e non c’è trasparenza nella gestione dei fondi e dei destinatari. «Sintomatica, in tal senso, la difficoltà nell’ottenere il quadro completo dei finanziamenti nel corso della presente indagine». In particolare sulla quota di competenza statale: «in violazione dei principi di buon andamento, efficienze e ed efficacia della Pubblica amministrazione, lo Stato mostra disinteresse per la quota di propria competenze» che ha determinato la drastica riduzione dei contribuenti a suo favore e l’assenza di alternativa per quei cittadini che non vogliono finanziare una confessione. Dunque, «per garantire la piena esecuzione della volontà e della libera scelta di tutti, la decurtazione della quota dell’8 per mille di competenza statale va eliminata. Risulta contrario ai principi di lealtà e di buona fede».

 Foto copertina da Atlasweb

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